Cassazione Civile 12 settembre 2023 n. 26343
La Corte di Cassazione ha stabilito che il diritto del lavoratore di scegliere la sede di lavoro più vicina al domicilio al fine di poter prestare assistenza al familiare affetto da handicap non è assoluto o illimitato.
Presuppone infatti che vi sia anche una compatibilità con gli interessi dell’azienda.
Il diritto al trasferimento deve essere compatibile con le “esigenze economiche, produttive ed organizzative” dell’impresa da verificare attraverso un concreto bilanciamento di interessi tra le esigenze del soggetto affetto da handicap e quelle del datore di lavoro.
Pertanto in caso di rifiuto al trasferimento presso la sede più vicina spetterà al datore di lavoro fornire la prova che l’assegnazione ad altra sede potrebbe ledere le esigenze economiche, produttive od organizzative dell’impresa.
L’art. 33 comma 5 L. 104/92 prevede che:
“Il lavoratore (che assiste una persona in stato di handicap grave) ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede.”
L’inciso “ove possibile” postula pertanto un adeguato bilanciamento di interessi e non consente al lavoratore, per il solo fatto di assistere un familiare con handicap grave, di vedersi sempre accolta la domanda volta ad ottenere il trasferimento presso la sede più vicina.
Il diritto all’effettiva tutela della persona disabile non può essere fatto valere quando il relativo esercizio possa ledere in misura gravosa le esigenze economiche ed organizzative del datore di lavoro.
Spetta al datore di lavoro fornire la prova della sussistenza di una situazione aziendale incompatibile con il trasferimento del lavoratore presso la sede più vicina la domicilio del familiare da assistere.
Da ultimo, vi è da sottolineare che tale pronuncia della Corte di Cassazione stabilisce che il diritto del lavoratore potrà essere esercitato a prescindere dall’esistenza di accordi sindacali